"L’impresa sociale in Italia". Identità e sviluppo in un quadro di riforma

Pubblicata la terza edizione del Rapporto di Iris Network.

È stato pubblicato il rapporto dal titolo “L’impresa sociale in Italia. Identità e sviluppo in un quadro di riforma”, realizzato a cura di Iris Network, la principale rete in Italia degli istituti di ricerca sull’impresa sociale.

L’impresa sociale è al centro di un importante progetto di riforma normativa.
Dopo anni di assenza, il legislatore nazionale torna a giocare un ruolo cruciale per rilanciare le imprese che producono beni e servizi per obiettivi di interesse generale in settori – welfare, cultura, tutela ambientale – che sono sempre più determinanti per il benessere delle persone e delle comunità. 
Il rapporto Iris Network propone dati e analisi utili ad alimentare il processo di policy making. Approfondisce le caratteristiche delle imprese sociali che operano di fatto con questa veste – le cooperative sociali – e che si trovano ad affrontare un’importante fase di cambiamento interno e del loro ambiente di riferimento. Analizza poi i principali bacini di imprenditoria sociale che la norma non ha saputo finora adeguatamente “sfruttare”. Organizzazioni – soprattutto nonprofit, ma non solo – che grazie ad una nuova agenda di politiche e a risorse finanziarie dedicate potrebbero emergere, arricchendo l’ecosistema dell’impresa sociale italiana come punto di riferimento a livello europeo.

La riforma della legge sull’impresa sociale, contenuta nella proposta di riforma del terzo settore avviata dal Governo, si è posta l’ambizioso obiettivo di ricongiungere sotto un unico tetto tutte le varie forme di impresa sociale operanti oggi in Italia, proponendo due approcci all’impresa sociale non semplici da mixare. Il primo è quello tipico della tradizione italiana ed europea secondo cui l’impresa sociale è un soggetto istituzionale con caratteristiche precise, senza scopo di lucro e impegnata solo in attività ritenute di interesse sociale o generale. Il secondo è quello della tradizione anglosassone, e in particolare statunitense, che non prevede limiti di nessun tipo o comunque limiti poco stringenti e lascia alla stessa impresa di autodefinirsi sociale, di individuare quale obiettivo perseguire e come, salvo dimostrare a posteriori, attraverso la “misurazione di impatto”, in cosa consiste il suo essere sociale.
Forti di realizzazioni che ci sono invidiate a livello internazionale è importante non sedersi sugli allori, lavorando invece per allargare ulteriormente il perimetro dell’impresa sociale, nella consapevolezza – sorretta dai dati di questo rapporto – che esiste un “potenziale da sbloccare” nel campo dell’economia sociale e anche all’interno dell’economia di mercato. Si sta infatti facendo strada una “via italiana” alla creazione di valore condiviso basata su filiere territoriali composte da piccole e medie imprese eccellenti, associazionismo nonprofit, istituzioni locali e imprenditoria sociale. Un sistema che evolve trasversalmente alle forme giuridiche e ai comparti, con l’obiettivo di incorporare nella produzione economica elementi di valore sociale e ambientale, non come semplici esternalità ma come veri e propri fattori di competitività.

In questo quadro l’impresa sociale è chiamata non a consolidare ma soprattutto a cambiare, inaugurando una nuova fase di resilienza che chiama in causa la propria organizzazione e i legami tra questa e i suoi stakeholder. La riforma normativa va proprio in questa direzione: rendere più attrattiva l’impresa sociale migliorando la sua capacità di combinare una molteplicità di risorse da investire per realizzare iniziative che producono un impatto positivo e misurabile. Quello della valutazione è un tema che solleva non pochi e legittimi interrogativi rispetto alla sua effettiva implementazione e sostenibilità, ma che non può essere ulteriormente differito. L’intento, infatti, è di rendere più rendicontabili le imprese sociali affinché possano far valere le loro peculiarità a livello di governance e di redistribuzione della ricchezza. Solo in questo modo sarà possibile qualificare l’interlocuzione con i diversi soggetti, in primis con i cittadini che usufruiscono dei beni e servizi prodotti, ma che spesso contribuiscono a coprodurli e a cofinanziarli.
Un’impresa sociale riformata secondo queste linee guida sarà in grado di sviluppare ulteriormente il suo già importante contributo di creazione di occupazione e, più in generale, di propensione all’imprenditorialità, in particolare tra le persone più giovani. Sono i soggetti più colpiti dalla crisi, ma al tempo stesso quelli in possesso di competenze e motivazioni di alto livello che non vanno sprecate, anche per contribuire a rinnovare un pezzo importante del nostro “made in Italy”.

Iris Network è la rete nazionale degli istituti di ricerca sull’impresa sociale. Sostiene attività di indagine empirica e di riflessione teorica per favorire una conoscenza approfondita delle organizzazioni di impresa sociale, affermandone il ruolo e migliorando la loro capacità di
intervento. Promuove riflessioni, approfondimenti e scambi di informazioni tra istituti di ricerca, enti di ricerca, università, singoli ricercatori e tra questi ed il mondo dell’imprenditoria sociale. Non è un’associazione di rappresentanza, né un’agenzia di sviluppo, quanto un contesto generativo all’interno del quale veicolare una conoscenza attivabile – cioè orientata a sostenere lo sviluppo – creando un circolo virtuoso tra comunità scientifica e addetti ai lavori. E’ editore della rinnovata rivista on line “Impresa Sociale”. Le attività istituzionali di Iris Network sono sostenute da Fondazione Cariplo e Compagnia di San Paolo.

http://www.irisnetwork.it

Fonte: Non Profit online