Pignoramento del conto per debiti fiscali, dal 1° luglio è più veloce

Omino sopra mialino salvadanaio

Il pignoramento del conto corrente bancario e postale, come il pignoramento dello stipendio, della pensione e del Tfr, rientra nel pignoramento presso terzi, un procedimento che si attiva come misura esecutiva per recuperare un credito vantato nei confronti di un debitore. Per richiedere il pignoramento del conto corrente, ci si deve rivolgere al giudice, che emette il provvedimento. Se si realizza, la banca è obbligata per legge a garantire il blocco del conto e la somma pignorata.

La procedura cambia se a riscuotere i soldi è il Fisco. In questo caso non è richiesta l’autorizzazione del giudice. La cartella di pagamento dell’Agenzia delle entrate e riscossioni, che ha sostituito Equitalia, è un atto esecutivo equiparabile al precetto. Perciò l’Agenzia non deve rivolgersi al giudice ma potrà pignorare il conto corrente se, decorsi sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento, non è stata pagata. Nella prassi l’atto di pignoramento è notificato prima alla banca e poi al debitore, invitandolo a pagare entro sessanta giorni. Se il debitore non paga entro i termini quanto dovuti, il Fisco richiederà alla banca di versargli l’importo.

Dal 1° luglio le somme sul conto possono essere subito bloccate e utilizzate a saldo dei debiti fiscali, dato che è l’Agenzia delle entrate a verificare le informazioni e attivare il procedimento. Per impedire il pignoramento del conto corrente, il contribuente che riceve la notifica deve presentare entro sessanta giorni dalla notifica della cartella di pagamento una richiesta di rateizzazione. Una volta accettata e una volta pagata la prima rata del piano di ammortamento, il contribuente può chiedere lo sblocco del conto corrente.