La transizione energetica delle Regioni carbonifere e il ruolo delle fonti rinnovabili

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impianto fotovoltaico

Il dibattito sul futuro del sistema energetico sardo ruotare ancora sul rapporto fra decarbonizzazione, metanizzazione e sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. Il piano di “phase-out completo” entro il 2025 dall’impiego del carbone per produrre energia termoelettrica porterà alla chiusura o alla riconversione delle centrali termoelettriche di Porto Vesme e Fiume Santo, che oggi garantiscono generazione elettrica per 240 e 600 MW.

La Regione ha chiesto in varie sedi il rinvio del phase-out, ma per il governo nazionale la transizione energetica sarda «vuol dire favorire la realizzazione dell’elettrodotto con la Sicilia e investire sulle energie rinnovabili, creando nel caso piccoli depositi di gas naturale liquefatto a supporto delle zone industriali», come ha dichiarato di recente il premier Giuseppe Conte.

Proprio l’utilizzo del Gnl è l’altro grande tema di dibattito tra fautori della metanizzazione della Sardegna e chi insiste per il potenziamento della capacità di trasporto della rete elettrica e dello stoccaggio di energia e, parallelamente, per un massiccio investimento in fonti energetiche rinnovabili. Quest’ultima visione trova sostegno in un recente studio del Joint Research Centre della Commissione europea: il “Solar Photovoltaic Electricity Generation: a Lifeline for the European Coal Regions in Transition” analizza il potenziale fotovoltaico nei territori dell’Unione Europea che intendono sviluppare progetti per convertire le loro economie ancora dipendenti dal carbone. Fra quelli censiti c’è anche la Sardegna, con valori di irraggiamento solare fra i più alti del Mediterraneo. Per i ricercatori potrebbero essere sfruttati per produrre energia elettrica solare con l’installazione di 16.3 GW di fotovoltaico nelle zone carbonifere, secondo tre tipologie:

  1. impianti a terra sui terreni degradati che circondano le zone in cui si estrae il carbone, con un potenziale di 13 GW su una superficie disponibile di 133 chilometri quadrati;
  2. impianti a terra nelle ex miniere a cielo aperto, in cui installare circa 3 GW su una superficie disponibile di 1 kmq;
  3. impianti sulle coperture degli immobili, con un potenziale di circa 300 MW.

Secondo lo studio, la transizione dal carbone al fotovoltaico porterebbe in Europa alla creazione di circa 135mila nuovi posti di lavoro all’anno per la fase di costruzione dei parchi fotovoltaici, a cui sommare gli addetti alla gestione post-installazione.

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Energia
30/10/2019