Durata del lavoro giornaliero, la Corte di giustizia dell’Unione europea sentenzia: obbligatorio un sistema di misurazione

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Durata del lavoro giornaliero, la Corte di giustizia dell’Unione europea sentenzia: obbligatorio un sistema di misurazione

Tutti gli Stati membri dell’Unione europea «devono imporre ai datori di lavoro l’obbligo di istituire un sistema oggettivo, affidabile e accessibile che consenta la misurazione della durata dell’orario di lavoro giornaliero svolto da ciascun lavoratore».  Lo ribadisce la sentenza emessa lo scorso 14 maggio dalla Corte di giustizia dell’Ue per la causa del sindacato spagnolo Federación de servicios de comisiones obreras contro la Deutsche Bank.

L’organizzazione sindacale si era rivolta alla Corte centrale spagnola chiedendo di obbligare la banca a istituire un sistema di registrazione dell’orario di lavoro, per consentire la verifica del rispetto degli orari previsti dal contratto e per assolvere all’obbligo di trasmettere ai sindacati le informazioni mensili sulle ore di straordinario lavorate. La Deutsche Bank aveva replicato che dalla giurisprudenza della Corte Suprema spagnola si evince l’assenza di un obbligo del genere nel diritto spagnolo. La Corte Spagnola ha allora sottoposto il caso alla Corte di giustizia europea, per la quale «il diritto di ciascun lavoratore a una limitazione della durata massima del lavoro e a periodi di riposo giornaliero e settimanale costituisce una norma del diritto sociale dell’Unione che riveste una particolare importanza ed è anche espressamente sancito all’articolo 31, paragrafo 2, della Carta, cui l’articolo 6, paragrafo 1, Tue riconosce il medesimo valore giuridico dei Trattati».

Considerato che «l’intento è di garantire l’osservanza di tale diritto fondamentale», ne deriva che «le disposizioni della direttiva 2003/88 non possono essere oggetto di interpretazione restrittiva a scapito dei diritti che il lavoratore trae da quest’ultima». Non solo. Per la Corte «la determinazione oggettiva e affidabile del numero di ore di lavoro giornaliero e settimanale è essenziale per stabilire, da un lato, se la durata massima settimanale di lavoro definita all’articolo 6 della direttiva 2003/88 (per ogni periodo di 7 giorni non superiore a 48 ore, comprese le ore di lavoro straordinario) sia stata rispettata nel periodo di riferimento di cui all’articolo 16, lettera b ( periodo di riferimento non superiore a quattro mesi ),e dall’altro se i periodi minimi di riposo giornaliero e settimanale, (nel corso di ogni periodo di 24 ore, di un periodo minimo di riposo di 11 ore consecutive e per ogni periodo di 7 giorni, di un periodo minimo di riposo ininterrotto di 24 ore), siano stati rispettati».

Di conseguenza «una normativa nazionale che non preveda l’obbligo di ricorrere a uno strumento che consente di stabilire con oggettività e affidabilità il numero di ore di lavoro giornaliero e settimanale non è idonea a garantire l’effetto utile dei diritti conferiti dall’articolo 31, paragrafo 2, della Carta e da tale direttiva, poiché essa priva sia i datori di lavoro sia i lavoratori della possibilità di verificare se tali diritti sono rispettati e può quindi compromettere  l’obiettivo di detta direttiva, consistente nel garantire una migliore protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori».

Per assicurare l’effetto dei diritti previsti dalla direttiva sull’orario di lavoro e dalla Carta, conclude la Corte Ue, gli Stati membri devono imporre «ai datori di lavoro l’obbligo di istituire un sistema che consenta la misurazione della durata dell’orario di lavoro giornaliero svolto da ciascun lavoratore». Definire le modalità concrete di attuazione di un tale sistema spetta agli Stati membri.

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Formazione e risorse umane
10/06/2019