Cresce l’attenzione per una nuova organizzazione del lavoro ma in italia lo smart working e’ ancora all’inizio

Fare Smart Working in Italia oggi si può e si deve secondo Osservatorio Smart Working promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano. Sempre più interesse delle organizzazioni, ma solo l’8% ha già adottato a pieno questo modello, soprattutto grandi aziende dell’Alimentare, ICT e Telco.

Oltre metà dei professional lavora già in mobilità fuori dall’ufficio almeno per una parte dell’orario di lavoro, ma solo il 20% è realmente pronto a diventare Smart Worker.

VoIP, webconference e instant messaging, Apps, Social e Cloudsono le tecnologie più diffuse per lavorare a distanza.Metà delle imprese adotta flessibilità di orario, ma è ancora poco diffusa quella del luogo di lavoro.

Negli smart office iniziano a nascere phone boot, concentration room e open space con postazioni non assegnate, ma sono rare le aree relax e di socializzazione. Servono cambiamenti negli stili di leadership e dei comportamenti organizzativi.
Lo Smart Working – l’approccio innovativo all’organizzazione del lavoro che si caratterizza per flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari di lavoro e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati – si sta finalmente affermando anche in Italia come un concetto riconosciuto e compreso, sdoganandosi dal semplice telelavoro.

Il 67% delle aziende ha già attivato qualche iniziativa in questo senso, ma ad oggi solo l’8% adotta realmente un modello di Smart Working, cioè ha sviluppato un piano sistemico introducendo strumenti tecnologici digitali, adeguate policy organizzative, nuovi comportamenti organizzativi e layout fisici degli spazi (si stima che saliranno al 19% nei prossimi 2 anni).

Si diffonde, seppur lentamente, l’abitudine a lavorare anche in luoghi diversi dall’ufficio e, già oggi, oltre metà degli impiegati, quadri e dirigenti dedica almeno una parte del proprio orario di lavoro in mobilità, all’esterno della sua sede (in maggioranza in altre sedi dell’azienda e dai clienti, ma anche in spazi di coworking o sui mezzi di trasporto). Eppure i professional effettivamente “pronti” (per predisposizione culturale e organizzativa) a diventare Smart Workers sono appena il 20% del totale, a causa degli ostacoli legati alle attività non prevedibili e pianificabili, allo scarso coinvolgimento nelle decisioni da parte del capo e alla limitata autonomia nella definizione degli orari di lavoro.

L’opinione dei lavoratori

Analizzando le modalità di lavoro degli impiegati, quadri o dirigenti di aziende di medio-grandi dimensioni (indagine realizzata in collaborazione con Doxa, attraverso una survey rivolta a 1.000 professional), si nota come anche per i lavoratori il legame “lavoro-ufficio” inizi ad essere messo in discussione, almeno nelle intenzioni.

Il 57% dei professional dichiara che potenzialmente potrebbe lavorare almeno un giorno a settimana da casa e, più in generale, circa il 35% del loro lavoro potrebbe essere svolto all’esterno dell’ufficio.

Nella realtà, il 51% lavora già in mobilità all’esterno della propria sede per almeno parte dell’orario di lavoro (anche se, nella maggior parte dei casi, per periodi molto limitati di tempo) e il 27% lavora da casa.

Quando si trovano fuori ufficio impiegati, quadri o dirigenti lavorano principalmente in altre sedi dell’azienda (nel 48% dei casi) o presso i propri clienti (47%). Iniziano però a diffondersi anche modalità di lavoro presso spazi di coworking (19%) e altri luoghi pubblici (16%) come bar, aeroporti e biblioteche.
Nelle opinioni dei professional, il lavoro fuori dall’ufficio migliora soprattutto la soddisfazione e autonomia nello svolgimento del lavoro (49%), le occasioni di formazione e ampliamento delle proprie conoscenze (38%) e le opportunità di carriera e di crescita professionale (34%).

Quindi, tutti pronti a diventare Smart Worker?Non proprio.Continua a leggere

Fonte: Doxa