“Codici specchio” per la classificazione dei rifiuti, una sentenza Ue fa chiarezza

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“Codici specchio” per la classificazione dei rifiuti, una sentenza Ue fa chiarezza

Una sentenza della Corte di giustizia dell’Ue fa chiarezza sull’utilizzo nella classificazione dei rifiuti dei “codici specchio”, caso particolare nella classificazione dei rifiuti, che si distingue sia dai rifiuti esclusivamente pericolosi, individuati da un asterisco dopo il codice (es. l’olio motore esausto, codice 13.02.05*), sia dai rifiuti sicuramente non pericolosi (es. gli pneumatici, codice 16.01.03). I codici specchio individuano, tramite una coppia di codici consecutivi, i rifiuti che possono essere pericolosi o meno in base all’eventuale contenuto di sostanze pericolose e alla loro quantità. Su richiesta della Cassazione, la Corte europea ha fornito un’interpretazione della parte della direttiva comunitaria dedicata all’attribuzione dei codici specchio, dirimendo una questione spesso oggetto di interpretazioni restrittive.

La decisione della Corte si appella a ragionevolezza e precauzione: da un lato non è necessario escludere la presenza di tutte le possibili sostanze pericolose ma occorre ricercare solo quelle ragionevolmente presenti, in funzione delle informazioni sul rifiuto e sul suo processo di produzione; dall’altro il rifiuto va precauzionalmente classificato come pericoloso se è impossibile determinare la presenza di sostanze pericolose o di valutarne le caratteristiche di pericolo.

La Corte valuta necessario non imporre al produttore di rifiuti irragionevoli obblighi tecnici ed economici. D’altra parte la Corte afferma l’assenza di discrezionalità nella classificazione del rifiuto da parte del produttore, che deve ricercare anche tramite analisi chimiche le sostanze pericolose ragionevolmente presenti.

La Corte promuove l’ordinamento italiano sulla classificazione dei rifiuti e in particolare la parte relativa alle modalità di classificazione dei codici specchio, contenute all’allegato D della parte IV del Codice dell’Ambiente (D.Lgs. 152/2006).

Se un rifiuto è classificato con codici Cer speculari, uno pericoloso e uno no, per stabilire se il rifiuto è pericoloso vanno determinate le proprietà di pericolo che possiede. Le indagini da svolgere per determinarle sono: 

a.      individuare i composti presenti nel rifiuto attraverso: la scheda informativa del produttore; la conoscenza del processo chimico; il campionamento e l’analisi del rifiuto;

b.     determinare i pericoli connessi a tali composti attraverso: la normativa europea sulla etichettatura delle sostanze e dei preparati pericolosi; le fonti informative europee ed internazionali; la scheda di sicurezza dei prodotti da cui deriva il rifiuto;

c.      stabilire se le concentrazioni dei composti contenuti comportino che il rifiuto presenti delle caratteristiche di pericolo mediante comparazione delle concentrazioni rilevate all’analisi chimica con il limite soglia per le frasi di rischio specifiche dei componenti, ovvero effettuazione dei test per verificare se il rifiuto ha determinate proprietà di pericolo.

La classificazione dei rifiuti compete al produttore/detententore, dunque sono loro a dover classificare il rifiuto e individuarne, contrariamente a quanto succede a volte nella prassi corrente, la pericolosità e la classe di pericolo. La giusta classificazione incide anche sulla corretta gestione del rifiuto, inclusi la possibilità di recupero o riciclo e i costi per il trattamento o lo smaltimento.

Argomenti
Ambiente e salute
29/11/2019