Antica dimora del Gruccione, il turismo come esperienza. Gabriella Belloni: "Noi agli ospiti raccontiamo il territorio"

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Antica dimora.
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Offrire “esperienza” del territorio. La missione dell’albergo diffuso può essere sintetizzata così. Perché un albergo diffuso è sostanzialmente due cose: un modello di ospitalità originale, fortemente orientato a intercettare una nuova domanda di accoglienza che si basa sulla possibilità di “vivere” i luoghi visitati in maniera il più possibile autentica, e un modello di sviluppo turistico del territorio, dato che in maniera spontanea e automatica innesca processi virtuosi di promozione di un centro abitato, di un borgo, del suo hinterland, attraverso la riqualificazione del suo patrimonio immobiliare.

È, appunto, una proposta concepita per offrire agli ospiti l’esperienza di vita di un centro storico, potendo contare sui servizi alberghieri – dall’accoglienza, all’assistenza, dalla ristorazione agli spazi e ai servizi comuni – alloggiando in case e camere che distano non oltre 200 metri dal “cuore” dell’albergo diffuso, ossia lo stabile in cui si trovano reception, ambienti comuni e area ristoro.

L’albergo diffuso non crea impatto ambientale, per dare vita a questo tipo di struttura non è necessario costruire niente, ma si recupera, si ristruttura e si mette in rete quello che esiste. In un certo senso l’albergo diffuso funge da “presidio sociale” e anima i centri storici, stimolando iniziative e coinvolgendo i produttori locali considerati come componente chiave dell’offerta. Grazie all’autenticità della proposta, alla vicinanza delle strutture che lo compongono, e alla presenza di una comunità di residenti, più che un soggiorno l’albergo diffuso è uno stile di vita. Essendo fortemente destagionalizzato, può generare indotto economico e può offrire un contributo per evitare lo spopolamento dei borghi.

Un esempio di sicuro interesse analitico è rappresentato dalla “Antica Dimora del Gruccione” di Santu Lussurgiu. Si tratta di un’ampia casa patrizia, di impianto spagnolo, interamente costruita in pietra, composta di archi e volte, travi a vista e antichi ferri battuti, elementi che hanno mantenuto inalterati i suoi spazi. La dimora apparteneva ai bisnonni dell’attuale proprietaria, Gabriella Belloni: quando era piccola e a inizio estate andava in vacanza a Santu Lussurgiu, le dava il benvenuto il gruccione, un volatile variopinto della famiglia “meropidae”, che in quel periodo dell’anno migrava dai tropici per stare in Sardegna sino a settembre.

A testimonianza del fatto che l’esperienza fa la differenza, in questo tipo di sistema d’accoglienza, «l’85% degli ospiti, sono individuali e non intermediati, sono portati sin qui dal passaparola, sono parenti, amici, conoscenti e conterranei di qualcuno che è stato qui, si è trovato bene e lo ha raccontato», come spiegano dalla struttura aziendale a conduzione familiare. Il 70% degli ospiti sono internazionali e vengono soprattutto dall’Europa. Degli italiani, il 65% viene dalla Sardegna. Tra il 2015 e il 2016 il mercato è cresciuto del 50%. «A tutti chiediamo come ci hanno conosciuto e la risposta è sempre la stessa – raccontano – mio fratello, mio cugino, un’amica di famiglia e così via». Poi ci sono i social, Facebook e soprattutto Instagram, la più “esperienziale” delle arene sociali virtuali, basata soprattutto sulla narrazione per immagini. Il mercato cambia anche in termini qualitativi. «La media di un soggiorno è stata di un giorno e mezzo, quest’anno registriamo il ritorno del soggiorno lungo», è la conferma. «Di solito i sardi ci fanno visita nel fine settimana o durante i ponti, gli stranieri per la maggior parte passano da qui durante un giro più completo dell’isola, e si fermano qui per un giorno – proseguono – quest’anno abbiamo prenotazioni da una settimana, dieci giorni, anche due settimane, e questo porta di buono che fa crescere un sistema sul territorio, perché ci consente di raccontarlo più a lungo». A entrare nei dettagli di questa attività si occupa direttamente Gabriella Belloni, la titolare.

In che cosa consiste la vostra attività?

«Essendo un albergo, l’attività primaria consiste nel fornire agli ospiti possibilità di soggiorno e di ristorazione, ma la peculiarità della tipologia ricettiva dell’albergo diffuso ha per me sempre implicato, il proposito di operare come mediatore culturale del paese e del territorio in cui è ubicato, Santu Lussurgiu e il Montiferru in primo luogo e poi la Sardegna».

Qual è l’elemento innovativo che la caratterizza maggiormente?

«Oltre all’offerta ricettiva è fondamentale e di pari importanza garantire all’ospite esperienza del territorio, dialogo e conoscenza del valore materiale e immateriale del luogo che abita temporaneamente, alla luce di più ampi principi che ci coinvolgono come esseri umani, a livello globale».

Operavate già nello stesso settore?

«Il 2017 sancisce i quindici anni di attività della Antica dimora del gruccione, inizia a essere una tradizione, ma l’ho avviata io senza avere alcuna esperienza nel settore. Avendo una formazione filosofica e avendo fatto per molti anni ricerca in Storia della scienza tra ‘500 e ‘600, avevo invece esperienza di una serie di altri utili concetti, come microstoria, cultura materiale, circolarità del sapere. Tutti temi per i quali ho mantenuto interesse e che hanno costituito la base teorica del turismo sostenibile di cui sono sostenitrice per via delle sue connessioni con i fattori che determinano diversi stili di vita, da cui discendono nuovi modelli di sviluppo locale».

Come è cambiata sul piano pratico la vostra attività?

«Il fermo convincimento iniziale consisteva, pur abitando fuori dall’isola, nel volere mantenere la grande casa della famiglia di mia madre. Si è passati invece a ritenere confacente il suo impiego ricettivo come albergo diffuso, che muove dall’asserzione che il centro storico, anche in un posto piccolo, ha valore come presidio della memoria di una comunità e come tale ha sempre da raccontare qualcosa di autentico. Altro aspetto significativo, utilizza stabili già esistenti, gli dona nuove funzioni, non consuma il suolo ulteriormente. La simbiosi tra l’albergo diffuso e il paese e tra questo e il territorio ha significato, da sempre, la proposta di un mangiare fondato sulle piccole economie dell’agroalimentare di eccellenza non soltanto locale, ma regionale. Così si è sviluppata quella logica di rete che a passi lenti fa toccare con mano a sempre più operatori i benefici del lavoro sinergico e agli ospiti un dialogo interdisciplinare che si esprime tanto attraverso l’analisi sensoriale di un formaggio a latte crudo quanto nell’ascolto di un canto a cuncordu. Così sono passata da una gestione individuale al coinvolgimento di uno staff che condividesse gli intenti, e oggi tutto funziona anche senza di me. Merito anzitutto di mia figlia Lucilla, che determina sempre più il nuovo corso del Gruccione, e alla piccola comunità di giovani che assume con gioia e responsabilità una conduzione corale di azienda. Ciò ha portato a porre enfasi sul valore di un  “gruppo” libero dal protagonismo di un singolo e a  diversificare proficuamente proposte e attività».

Cosa vi ha ispirato e cosa vi motiva ad andare avanti?

«Il desiderio che l’impresa sia una tessera di un mosaico chiamato sviluppo locale, che ribadisca il valore di ciò che c’è di unico, piccolo e specifico in ogni territorio e in ogni individuo, stimolando la curiosità e l’interesse verso il prossimo. Prima di iniziare questa esperienza ho fatto mie le battaglie di Slow Food e Wwf: ritengo che a loro si debba il merito di aver favorito un fondamentale processo di consapevolezza dell’insostenibilità dell’attuale modello di sviluppo e sui danni inferti a livello ambientale, economico e sociale. Per questo ho partecipato alle azioni del Gal Montiferru che hanno portato alla costituzione dei due storici presidi montiferrini, il formaggio vaccino “casizzolu” e il bovino di razza sardo-modicana, e al sostegno dell’albergo diffuso. Erano azioni pionieristiche, oggi mantengono il loro appeal perché flessibili e aperte all’interpretazione di nuovi scenari, ma necessitano di continui apporti creativi».

Qual è il grado di innovazione – tecnologica, di sistema o di comunicazione – e quanto ha influito sui risultati?

«Ho sempre confidato nel fatto che abitare nel piccolo borgo potesse significare la possibilità di coniugare semplicità di vita e tecnologia avanzata. La cosa non è così semplice, ci sono ancora da affrontare alcuni impacci, per esempio come ottenere risparmio energetico in una dimora storica. Quanto all’applicazione della tecnologia in un nuovo sistema di comunicazione, ci sono ancora da esplorare una serie di potenzialità. Tuttavia parte dell’incremento delle presenze è già da riportare all’abituale e spontaneo ricorso ai social network. È entusiasmante anche per me, che sono cresciuta sui libri, colloquiare col mondo, ma è meno apprezzabile la velocità estrema delle comunicazioni. Nel turismo – anche nel nostro, fuori dalle rotte convenzionali – si apriranno orientamenti e bisogni ancora da decifrare».

Quanto è radicata nel territorio, sia in termini sociali che economici, la vostra realtà?

La nostra realtà nasce per essere radicata nel territorio, vuole esserlo e diventarne uno dei presidi. Ci siamo giovati del riconoscimento della nostra famiglia da parte della comunità. Mio bisnonno Niccolò Meloni istituì le cattedre ambulanti in agricoltura e fece della distillazione, pratica che a Santu Lussurgiu ha un’antica tradizione, una fiorente attività imprenditoriale, capace di esportare in Francia. E al figlio Deodato si riconosce il sostanziale contributo di studi dato alla costituzione e incremento della razza equina dell’anglo-arabo-sardo. Della tradizione della famiglia materna sarda, che come quella paterna veneta ha sempre coniugato all’amore per la terra la passione per le discipline umanistiche, con la Antica dimora del Gruccione ho ripreso le fila, continuandone lo spirito attraverso  una scelta di vita radicale, per dare vita a una azienda sostenibile, integrata con i luoghi vicini  e con quelli lontani per una modalità di approccio al territorio che è la stessa, nell’utopia di procurare felicità a più persone possibili.

In che cosa investire in Sardegna, e in quest’area in particolare, ha rappresentato un plusvalore?

«Asserire che il patrimonio della Sardegna consiste nella straordinaria bellezza ambientale, che è inoltre scrigno di pari ricchezza in biodiversità naturalistica e culturale, è luogo comune. Nel Montiferru si ha tutto questo e Santu Lussurgiu è esemplare per offrire ambiente e tradizione in una felice posizione logistica, che consente facilmente e col medesimo impiego di tempo di raggiungere il nord e il sud della Sardegna. Di fatto nell'Isola, non soltanto la percorrenza del Montiferru, ma anche delle altre numerose aree dell’entroterra mostra immediatamente un repertorio di luoghi unici che si desidera visitare. Occorre tuttavia, senza più proroghe, prendersi cura di questi tesori. Anche in Sardegna ci sono state scelte che allontanano inspiegabilmente dall’utilizzo della terra per l’agricoltura, che è da più parti auspicato e reclamato. Un’imprenditoria fondata sull’albergo diffuso poggia radicalmente sulla possibilità di contare su un territorio di cui il pubblico e il privato si prenda cura con risolutezza, non solo a salvaguardia dell’estetica dei suoi paesaggi ma nei termini di una ragionata sostenibilità».

Sul piano economico e occupazionale avete registrato mutamenti significativi?

«Il numero delle presenze aumenta del 10/15% annui ed è aumentata la disponibilità delle unità immobiliari facenti parte del nostro albergo diffuso, siamo passati da due a quattro stabili. Di conseguenza aumenta anche il numero delle persone impiegate e l’indotto».

È possibile che il vostro esempio possa ispirare la strutturazione di un vero e proprio distretto?

«Penso che l’albergo diffuso abbia senso effettivo e compiuto solo in una logica di distretto, dove pubblico e privato concertano insieme da quale parte andare, quali principi affermare, con quale personalità porsi nel territorio e nel mondo. Nel nostro caso tale logica è costitutiva della nostra mission aziendale».

Argomenti
Internazionalizzazione ed export
08/06/2017